La Corte di Cassazione con la Sentenza n. 11452 del 14 marzo 2019 ha stabilito che il fresato bituminoso proveniente dall’asportazione del manto stradale mediante spandimento al suolo e compattamento costituisce un materiale classificato come rifiuto speciale che può essere trattato alla stregua di un sottoprodotto solo se viene inserito in un ciclo produttivo e viene utilizzato senza alcun trattamento in un impianto che ne preveda l’utilizzo nello stesso ciclo di produzione, senza operazioni di stoccaggio a tempo indefinito.

La corte ha confermato la condanna inflitta al titolare di un’attività, ai sensi dell’articolo 256, comma 4, D.lgs. 152/2006 (inosservanza delle prescrizioni autorizzative), per la mancata separazione delle aree di deposito dei rifiuti (conglomerato) da quelle destinate alle materie prime (sabbia e silicio), in violazione di quanto stabilito dal Dm 5 febbraio 1998, convalidando la tesi del Tribunale di Roma che aveva escluso la qualifica di sottoprodotto (e quindi di non rifiuto) del fresato di asfalto “stoccato” all’interno di un impianto di recupero di rifiuti non pericolosi, in quanto materiale che “non solo deriva da un processo lavorativo che non è funzionale alla sua produzione, ma anche perché, ai fini del suo riutilizzo, è sottoposto a una lavorazione con altri componenti vergini, dando luogo a un materiale dal tratto diverso da quello originario“.

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