La Corte di Cassazione, con la Sentenza 23 febbraio 2018, n. 8848, ha stabilito che l’attività di demolizione di edifici o strade non rientra tra i processi di produzione che possono dare origine ad un sottoprodotto ai sensi dell’art. 184-bis, del D.Lgs. n. 152/2006 ed i relativi residui vanno classificati come rifiuti (ex art. 183, D.Lgs. n. 152/2006).
La vicenda prende origine dalla condanna, poi impugnata, nei confronti dei legali rappresentanti di una ditta per il reato di cui all’art. 256, comma 1 del TUA, per aver effettuato, senza le prescritte autorizzazioni, attività di raccolta e stoccaggio di rifiuti speciali non pericolosi (inerti, ferro e legno provenienti da demolizione e comunque prodotti altrove), adducendo come motivazione che si trattasse di materiali destinati al riutilizzo quali materie prime in altri cantieri della società.
La Suprema Corte ha enunciato il principio secondo cui “le attività di mera demolizione di manufatti …. non sono dunque finalizzate alla produzione di alcunché e non originano mai sottoprodotti, ma solo rifiuti”.
Nello specifico, i Giudici hanno confermato che la categoria del sottoprodotto si ha, ricorrendo anche le altre condizioni previste dall’art. 184-bis, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 152/2006, quando la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto. Pertanto, “il sottoprodotto deve trarre origine da un processo di produzione, dunque da un’attività chiaramente finalizzata alla produzione di un qualcosa ottenuto attraverso la lavorazione o trasformazione di altri materiali.”
La Corte ha, inoltre, escluso che si trattasse di deposito temporaneo (ex art. 183, lett. bb), in quanto mancante del requisito fondamentale, ossia che il raggruppamento avvenga nel luogo in cui i rifiuti sono stati prodotti.
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